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mercoledì 30 giugno 2010

I giochi d'azzardo sono onesti?

Tutti, chi più o chi meno, almeno una volta hanno tentato la fortuna, nella speranza di fare il colpaccio, chiudere con il lavoro e trasferirsi nella agognata isoletta tropicale. E tra casinò, lotterie e grattini vari oggigiorno ce n'è davvero per tutti i gusti (e le tasche...); ma siamo proprio sicuri che questi giochi siano onesti, ovvero, la vincita che andrei ad incassare è quella giusta o mi dovrei aspettare qualcosa in più?
Prima di proseguire la discussione ci tengo a sottolineare che il termine onestà, in questo articolo, è inteso in senso matematico e statistico, mai in quello giuridico o morale.
Dunque, dal punto di vista statistico, il premio deve essere collegato alla probabilità di vincita: se tale probabilità è dell'1%, allora, in caso di vittoria, dovrei ricevere cento volte la somma puntata. Prendiamo l'esempio dei dadi: la possibilità di indovinare un numero in un lancio è di 1 su 6. Ne consegue che, se avessi puntato 1€, in caso di vittoria ne dovrei ricevere 6. Sempre con il dado, se puntassi ad un numero pari (o dispari) le possibilità sarebbero di 3 su 6, pertanto, in caso di vittoria, dovrei ricevere il doppio della puntata. Nella realtà questo non può accadere, in quanto verrebbe meno il guadagno da parte del banco, che sia lo stato o il proprietario del casinò.
Prendiamo ancora il dado: dato che la probabilità di vincita è di 1 su 6, mi posso aspettare che ogni 6 lanci ci sia una vittoria (attenzione, non è corretto, dico questo per semplificare, questo esempio è vero in media per un numero molto grande di lanci!). Se così fosse, sempre con puntate di 1€, dopo sei lanci il banco avrebbe ricevuto 6€ ma ne dovrebbe ridare indietro 6 per la vincita, con un guadagno pari a zero. Ecco quindi che il banco non può essere "onesto", ma deve pagare una quota minore rispetto a quanto ci si aspetterebbe dalla statistica. Ma a quanto ammonta questa "trattenuta"? Passiamo in rassegna i principali giochi d'azzardo.

Roulette: limitandoci a ragionare sull'uscita di un numero secco, la probabilità è di 1 su 37, ma verremmo pagati 36 volte la puntata, con una perdita del 2,7%.

Lotto: per quanto riguarda l'estratto, a fronte di una probabilità di 1 su 18, lo stato ci riconosce 11 volte la posta. Clamoroso il caso della cinquina, in cui lo stato paga 6 milioni di volte la posta invece che 43.949.268 volte; in pratica, al vincitore viene riconosciuto soltanto poco meno del 14% di quello che gli spetterebbe, il resto se lo intasca lo stato!

Lotteria: questa tipologia di gioco è, a mio avviso, uno dei più disonesti, a livello teorico, in quanto la vincita è stabilita in partenza e non è proporzionale al numero di tagliandi venduti. La probabilità che vinca proprio il mio biglietto cambia, se invece di vendere 1000 biglietti se ne vendono 1 milione. Mediamente, il guadagno dello stato è di poco superiore al 60%.

Superenalotto: il calcolo della perdita è un pò più complicato, in quanto il montepremi cresce ad ogni estrazione. Comunque, la probabilità di azzeccare la fortunata sestina è di 1 su poco più di 622 milioni; se ne deduce che, dato che il costo della giocata è di 50 cent., per essere equo dovrebbe pagare almeno 311 milioni di € ad ogni estrazione. Le vincite che hanno superato i 100 milioni di euro si contano invece sulle dita delle mani. Comunque con il superenalotto lo stato ha un guadagno complessivo del 66%.

Alcune considerazioni personali: indipendentemente dalla maggiore o minore equità del gioco, farne una professione (nel senso di farla diventare una fonte di reddito) è piuttosto sconveniente, dato che le possibilità di vincita rimangono molto basse. Pertanto, l'approcio che dovrebbe guidare chi gioca è quello di investire pochi soldi sperando in un colpo di fortuna piuttosto che un approcio pseudo-scientifico, fatto di sistemi anche piuttosto onerosi, che non alzano sufficientemente le probabilità di vincita.
I casinò invece, demonizzati nell'immaginario collettivo, come luoghi di perdizione e di sperpero di denaro, si rivelano essere quelli più onesti dal punto di vista matematico; gran parte delle altre forme di gioco, specie quelle pubblicizzate dallo stato, sembrano essere più una forma edulcorata di tasse (Agostino Depretis e Giuseppe Garibaldi la definivano "tassa sull'ignoranza").
Un'ultima riflessione: nell'anno 2009 sono stati spesi in media 890 € a testa per il gioco d'azzardo. Pensate a questa cifra moltiplicata per 20 o 30 anni: che il metodo di vittoria più sicuro sia proprio il non giocare?

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